A cura del Dott. Francesco Marino Psicologo, Psicoterapeuta della Gestalt.
Com’è noto, l’adolescenza è una fase della vita piena di cambiamenti e trasformazioni, che avvengono a diversi livelli: nel corpo, nel modo di pensare, di relazionarsi e di emozionarsi. Dinanzi a questi cambiamenti, è consueto per l’adolescente sentire il mondo come lo conosceva (nell’infanzia) come in continua discussione, e questa percezione reca con sé la sensazione del pericolo di cadere in un vuoto, comportando un senso di sgretolamento e di frammentazione del senso della vita. Egli quindi reagisce contro queste sensazioni con un’energia disordinata non sempre mirata ad un obiettivo e che tende a amplificare il conflitto: la parola d’ordine dell’adolescenza è infatti agire, a volte in maniera contradditoria e incoerente, che ha il fine di sperimentare sensazioni, sentimenti e situazioni, a volte anche estreme.
Per comprendere il funzionamento adolescenziale, sembra quindi necessario prima capire cosa significhi sentirsi un adolescente.
Nel linguaggio quotidiano, parole e concetti come “infanzia”, “adolescenza” e “adulto” vengono spesso fatti coincidere con l’età anagrafica, ma non sembra sia sempre utile affidarsi a questo parametro di giudizio che spesso si è rivelato contraddittorio e poco descrittivo. Difatti, piuttosto che di età adolescenziale in sé (es. “… è un adolescente”), risulta più utile parlare di funzionamento adolescenziale (“…. fa/si comporta da adolescente”).
Allo scopo quindi di tenere in considerazione il principio del funzionamento adolescenziale, piuttosto che quello dell’età cronologica, è possibile fare riferimento all’esistenza di indicatori che rappresentano il passaggio evolutivo da un funzionamento “bambino” a quello “adolescente”:
- Il rapporto con il corpo: il cambiamento nel corpo, che consegue alla pubertà, e la maturazione della sessualità sono gli elementi che ristrutturano l’immagine corporea e conferiscono un peso maggiore ad esso rispetto all’età infantile;
- La produzione di pensiero più spiccatamente introspettivo e immerso nella visione di possibili scenari nuovi o innovativi; (“E se…?”, “Non valgo niente”, “Sono confuso/a”)
- Imparare a scegliere: l’adolescenza è l’età in cui scegliere che tipo di adulto si vuole essere. Mead (1928) riteneva che quanto più la società diviene complessa, più l’età dell’adolescenza sarà lunga e conflittuale. E in una società come quella attuale, dove sembrano esserci tante scelte, gli adolescenti possono sentirsi come nel paradosso di Schwartz (2004): avere tantissima scelta vuol dire non averne nessuna;
- Costruire un’identità: nell’adolescente si attua un nuovo processo di separazione-individuazione, dopo quello portato a termine nell’età precedente, in cui impara a separarsi dalle dinamiche tipiche della famiglia di origine, allo scopo di individuarsi, confrontarsi e sentirsi realizzato in contesti nuovi (e.g. scuola, compagni di classe, gruppo informale dei pari) grazie a cui costruire un’identità sentita come autonomamente costruita e indipendente dalla famiglia di origine.
L’insuccesso in uno o nell’integrazione di questi compiti evolutivi può essere portatore di sofferenza e/o di disagi clinici tipici, e perciò è importante individuare i fattori di rischio, di vulnerabilità, di protezione e di resilienza nell’adolescente e nel suo contesto di vita.
Per concludere, sentirsi un adolescente è un complesso di comportamenti, emozioni e pensieri dell’Io verso l’indipendenza, della ricerca contraddittoria di qualcosa di familiare e al contempo di nuovo a cui appartenere.
Bibliografia
Marcelli, D.; Braconnier, A. & Tandonet, L. (2018). Adolescence et psychopathologie (9e édition). Parigi: Elsevier Masson (trad. it: Adolescenza e psicopatologia)
Mead, M. (1928). Coming of Age in Samoa: A Psychological Study of Primitive Youth for Western Civilisation. NY: William Morrow and Company (trad. it. L’adolescente in una società primitiva: adolescenza in Samoa)
Schwartz, B. (2004). The paradox of choice: Why more is less. NY: Harper Perennial (trad. it. Il paradosso della scelta).
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