A cura della Dottoressa Tilde Annunziato Psicologa-Psicoterapeuta
“La lupa, la anziana, quella che sa, è dentro di noi. Fiorisce nella psiche più profonda dell’anima delle donne, l’antica e vitale Donna Selvaggia. Lei descrive la sua casa come quel luogo nel tempo dove lo spirito delle donne e lo spirito dei lupi entrano in contatto. È il punto nel quale l’Io e il Tu si baciano, il luogo nel quale le donne corrono coi lupi (…)”.(Donne che corrono coi lupi – Clarissa Pinkola Estès).
L’Amore è sempre stato oggetto di grande interesse e riflessioni da parte dell’uomo. Esso è uno dei principali e fondamentali bisogni dell’uomo.
Tutti abbiamo provato, almeno una volta nella vita, amore per qualcuno, nelle sue diverse forme possibili… amore per il proprio compagno, amore per il proprio figlio, amore per il proprio genitore o per il proprio migliore amico.
E l’amore per se stessi?
Facciamo mai caso se ci amiamo e quanto amore nutriamo per noi stessi?
Ecco la ragione per la quale ho deciso di lasciarvi alcune parole di un libro straordinario, che consiglio a tutti di leggere, soprattutto alle donne che stanno leggendo questo articolo: Donne che corrono coi lupi.
L’autrice di questo libro, attraverso l’analisi dell’Archetipo della Donna selvaggia, intende aprire una porta a tutte le donne in cerca di sé stesse. Utilizzando lo strumento della narrazione, riesce in modo sublime a parlare alla donna selvaggia sepolta più o meno in profondità in ciascuna donna. La Donna Selvaggia è intesa come forza psichica potente, istintuale e creatrice.
Clarissa Pinkola scrive “Se alcuni preferiscono che ti comporti bene e non ti arrampichi sui mobili per gioco o sulle persone per accoglierle festosamente, tu fallo lo stesso. Qualcuno si allontanerà, timoroso o disgustato. Però il tuo amante amerà questo tuo nuovo aspetto, se è quello giusto per te.”
A tal proposito, l’autrice in uno dei suoi racconti descrivere la Donna-fera, colei che un tempo era selvaggia e che poi è stata addomesticata e che quando le si presenta la possibilità di tornare alla sua natura selvaggia è facile preda di trappole. Senza una costante partecipazione alla natura selvaggia (apertura, libertà, gioco, relazioni, espressione di sé ecc), la donna muore di fame e cade nell’ossessione “lasciatemi stare” e “amatemi per favore”. Le varie forme di dipendenza affettiva possono essere viste come espressione di esistenze al femminile in cui l’Archetipo della Donna Selvaggia viene messo da parte, trascurato, dissociato, ritenuto inopportuno. Un vortice che fa diventare arida la nostra vita, che allontana la creatività e l’istinto di riconoscere le trappole, ovvero quegli eccessi che spezzano la psiche, la nostra parte più autentica e affievoliscono la forza del femminile.
Ognuno di noi è dipendente, in qualche misura, dagli altri. Tutti noi abbiamo bisogno di approvazione, empatia, conferme e ammirazione per sostenerci e per regolare la nostra autostima. La vera e totale indipendenza non è possibile né auspicabile. Allo stesso tempo, la dipendenza affettiva può raggiungere una forma così estrema da divenire patologica; al punto da essere così tanto impegnati nell’amore o nel ricevere amore e approvazione che la propria energia, il proprio potere personale, l’amore verso se stessi si riducono.
Per cui, pensavo… quando prestiamo attenzione agli altri prima di prestare attenzione a noi stessi, forse, stiamo solo cercando di avere in cambio quell’amore che non siamo disposti a darci.
Per cui, oggi, in prossimità della festa degli innamorati, piuttosto che parlare di amore per qualcuno, mi va di chiedervi:
E l’amore per se stessi?
Facciamo mai caso se ci amiamo e quanto amore nutriamo per noi stessi?