A cura della Dottoressa Tina Vergati.
Come posso capire se sono vittima di stalking?
Il termine “stalking” (dall’ inglese “to stalk”, tradotto come “fare la posta, inseguire, pedinare”) indica vere e proprie azioni persecutorie, quali assillare, molestare, intimidire qualcuno in modo reiterato nel tempo, che possono essere commesse da un uomo o da una donna (il/la “stalker”) ai danni di una o più vittime (i soggetti “stalkerizzati”).
Definito anche come “sindrome del molestatore assillante”, il fenomeno dello stalking fa riferimento a condotte opprimenti, tali da suscitare uno stato di ansia o paura per la propria incolumità. Si differenzia da altri tipi di reati (quali ad esempio la molestia sessuale), per il carattere della ripetitività e dell’insistenza proprio delle azioni messe in atto, che sono contrarie alla volontà della vittima.
Lo stalking può insorgere come complicazione di qualunque relazione interpersonale; pertanto, può essere esercitato da qualsiasi persona conosciuta dalla vittima (ad es. familiare, amico, vicino di casa, collega) ma anche da un soggetto totalmente sconosciuto e incontrato casualmente per strada. Nell’immaginario collettivo lo stalker è per lo più rappresentato nei termini di una figura maschile, ma in realtà anche le donne possono spesso compiere atti persecutori, soprattutto legati a motivazioni sentimentali e, quindi, perpetuati ai danni del proprio ex partner o della sua nuova compagna.
Secondo il nostro ordinamento giuridico, lo stalking riguarda condotte che ledono la libertà morale della vittima, ossia la sua capacità di scelta e autodeterminazione, inducendo a compiere alterazioni significative delle abitudini quotidiane e dello stile di vita di chi le subisce (ad esempio ritiro sociale; cambiamenti relativi all’abitazione, al numero di cellulare, all’attività di lavoro, ai luoghi di svago e tempo libero).
Quali sono le tattiche usate dagli stalkers?
Lo stalker può ricorrere a modalità differenti per opprimere la vittima compiendo intrusioni continue, che possono prevedere l’avvicinamento, il confronto diretto o l’invio di comunicazioni assillanti. Può, ad esempio, indagare sulle abitudini di vita della vittima, compiere pedinamenti e appostamenti presso i luoghi abitualmente frequentati (ad esempio, abitazione, lavoro, palestra); effettuare telefonate (anche mute) e/o invio di mail, SMS, messaggi sul numero privato o tramite social network; lasciare reiterati biglietti sull’auto o sotto la porta di casa; inviare continui regali, manifestare apprezzamenti o esprimere sguardi insistenti e minacciosi; Può, inoltre, mettere in atto condotte indesiderate per la vittima quali: distruggere l’automobile e oggetti di sua proprietà; minacciare, denigrare, offendere in maniera diretta la vittima e/o persone a lei vicine; effettuare continui accostamenti fino a compiere aggressioni a livello fisico e/o sessuale.
Profilo Generico
In genere chi esercita lo stalking è un individuo che presenta problematiche di natura affettivo-relazionale ma non è ancora stata elaborata una classificazione dello stalker. Secondo la classificazione proposta da alcuni esperti, è possibile distinguere cinque tipologie, sulla base degli specifici bisogni che spingono gli stalkers ad attuare azioni persecutorie. In particolare, il “risentito” è in genere un ex-partner che intende vendicarsi per la fine della relazione sentimentale, che considera ingiustamente subita da parte della vittima.
Agisce danneggiando direttamente la persona in questione, la sua immagine o le sue proprietà (compiendo inseguimenti, pubblicando foto private o distruggendo l’automobile della vittima).
Il “respinto” è in genere un ex partner che si è sentito rifiutato dalla persona che amava: si differenzia dalla categoria del “risentito” in quanto, oltre che dal desiderio di vendetta, è spinto, in maniera più marcata, anche dal bisogno di recuperare la relazione vissuta in precedenza.
Il “bisognoso d’affetto” è motivato dall’intento di vivere una relazione affettiva, per cui interpreta ogni manifestazione di cortesia espressa dalla vittima come il segnale di un suo desiderio di contatto, che giustifica e incoraggia i comportamenti di avvicinamento.
Il corteggiatore incompetente intende stabilire un contatto relazionale ma, ma possiede scarse abilità sociali, appare impacciato nell’entrare in rapporto con la vittima, che pertanto si sente oppressa e assillata dalle sue condotte di avvicinamento.
Il predatore è mosso dal desiderio di vivere un rapporto di natura sessuale, con l’intento di generare nella vittima una reazione di terrore.
Com’è possibile intervenire in caso di stalking?
Gli atti persecutori che configurano lo stalking costituiscono un reato, perseguibile a norma di legge di molte nazioni e anche secondo la legge italiana.
Il nostro ordinamento prevede che lo stalking sia un illecito punibile “a querela di parte”, ossia contro il quale si può procedere con la esplicita dichiarazione di volontà da parte della persona offesa, quando ella decide di rivolgersi all’Autorità giudiziaria per comunicare le azioni persecutorie e attivare il procedimento penale per fermare il colpevole.
Di frequente la vittima può continuare a vivere le azioni di stalking in silenzio, evitando di condividere le condotte subite, a causa del timore delle conseguenze negative che potrebbero associarsi alla rivelazione.
La letteratura scientifica sull’argomento evidenzia, però, che lo stalking può esercitare effetti significativi sull’equilibrio psicofisico di chi ne è vittima, che possono esprimersi ad es. nell’ambito della sfera emotiva comportando vissuti d’ansia, impotenza, tristezza, rabbia, irritabilità; attraverso disturbi del sonno e/o dell’appetito; mediante alterazioni del funzionamento adattivo in ambito lavorativo, sentimentale e interpersonale.
Dagli studi condotti in materia, dunque, emerge che il disagio vissuto dalle vittime di stalking, se non incontra la possibilità di condivisione e di intervento adeguato, può progressivamente peggiorare e cronicizzarsi, fino a generare un serio danno alla salute. Si tratta, pertanto, di un fenomeno che non va sottovalutato né lasciato aggravarsi silenziosamente nel tempo.
E’ necessario, piuttosto, che sia contrastato con decisione, avviando tempestivamente percorsi di aiuto adeguati allo specifico caso, ossia attivando la rete sociale di sostegno, facendone comunicazione alle forze dell’ ordine e rivolgendosi eventualmente all’aiuto di uno Psicologo, per essere sostenuti nel prevenire e/o gestire il disagio psichico legato al fenomeno.
L’intervento di una figura professionale esperta può, inoltre, aiutare ad apprendere strategie efficaci nel fronteggiare adeguatamente lo stalker (quali esprimere in modo fermo il proprio disinteresse nei suoi confronti, evitando comunicazioni equivocabili; attivare un secondo numero di cellulare senza eliminare quello utilizzato dallo stalker per assillare la vittima; evitare di frequentare luoghi isolati; variare orari e percorso di strada nei propri spostamenti) sì da evitare che lo stalking comporti una vera e propria lesione all’integrità psicofisica dell’individuo.